Mercato Immobiliare USA: Tendenze 2025 e Confronto con l’Era Pre- e Post-Covid
Cosa succede davvero al mercato immobiliare americano quando i prezzi non scendono e i tassi restano alti? Un silenzio che fa rumore, e forse anticipa molto più di quanto immaginiamo.
Lorenzo Serio
11/3/202512 min read


Andamento degli Ultimi 12 Mesi (2025)
Nel corso del 2025 il mercato immobiliare statunitense ha mostrato segnali di raffreddamento dopo il boom post-pandemia. L’aumento vertiginoso dei prezzi si è fermato e l’attività rimane moderata a causa di tassi ipotecari elevati e della ridotta accessibilità economica per gli acquirenti. Gli esperti prevedevano un rimbalzo nel 2025, ma la domanda di acquisto è rimasta contenuta, facendo rallentare la crescita dei prezzi e portando possibili lievi cali entro fine anno. Rispetto ai picchi pandemici, il mercato si è fatto più equilibrato: le compravendite mostrano solo lievi miglioramenti rispetto al 2024 e restano ben al di sotto delle medie storiche. Allo stesso tempo, l’offerta di case in vendita è aumentata, alleggerendo in parte la scarsità di immobili disponibile sul mercato. In sintesi, la frenesia post-Covid è svanita, lasciando spazio a una fase più misurata e di transizione, caratterizzata da compratori cauti e venditori più flessibili.
Alcuni indicatori chiave del 2025: i tassi di interesse sui mutui trentennali si sono attestati intorno al 6,5–7% per gran parte dell’anno (ancora ben sopra i minimi pandemici). Questo ha mantenuto alta la rata mensile dei mutui e frenato molti acquirenti, nonostante un leggero calo rispetto ai picchi di ~8% raggiunti nel 2023. Le vendite di case esistenti sono rimaste deboli: a maggio 2025 ne sono state vendute circa 475.000, un calo del 6% rispetto all’anno precedente. Molti potenziali compratori restano esclusi dal mercato perché i prezzi, pur stabilizzatisi, rimangono vicini ai massimi storici, e la combinazione di prezzi elevati e tassi alti ha compresso la affordability (si pensi che con un reddito annuo di $75.000 oggi si riesce a permettersi solo il 20% circa delle case sul mercato, rispetto al 50% pre-2020). Di conseguenza, molti venditori hanno dovuto ridimensionare le proprie aspettative, offrendo riduzioni di prezzo o incentivi (come contributi alle spese di chiusura o buydown del tasso) per attirare gli acquirenti.
Confronto tra Metà 2024 e Metà 2025
Per comprendere l’evoluzione recente, è utile confrontare la situazione del mercato immobiliare tra metà 2024 e metà 2025. Ecco le principali differenze emerse in questo periodo di 12 mesi:
Crescita dei prezzi: a metà 2024 i prezzi delle case erano in forte aumento rispetto all’anno precedente (+4,7% annuo a maggio 2024), mentre a metà 2025 la crescita si è quasi azzerata (+0,8% annuo a maggio 2025). In pratica, i prezzi oggi sono stabili rispetto all’anno scorso, segnando una netta decelerazione dopo gli aumenti a due cifre del periodo pandemico. Gli analisti Redfin prevedono persino un lieve calo (-1% su base annua) entro la fine del 2025, soprattutto nelle aree dove l’inventario è aumentato di più. Va notato che, nonostante questo rallentamento, i valori attuali restano molto più alti di quelli pre-pandemia (il prezzo mediano nazionale supera $440.000, contro meno di $300.000 prima del 2020)
Inventario di case in vendita: l’offerta di abitazioni sul mercato è cresciuta sensibilmente. A maggio 2025 si contavano circa 2,06 milioni di annunci attivi, con un aumento del +14,1% rispetto a maggio 2024. Già nel 2024 l’inventario era in risalita (+17,8% annuo a maggio 2024 rispetto al 2023), segno che dopo il minimo storico toccato durante il boom pandemico l’offerta sta gradualmente tornando a livelli più vicini alla normalità. In sostanza, ci sono più case in vendita e meno acquirenti disposti o in grado di comprarle, tanto che secondo Redfin attualmente i venditori superano i compratori di circa 500.000 unità. Questo aumento dell’inventario ha iniziato a spostare il potere contrattuale verso gli acquirenti: le case rimangono sul mercato più a lungo e in molte zone gli acquirenti possono negoziare prezzi più favorevoli
Volume di vendite: l’attività di compravendita ha subito un’ulteriore flessione. A metà 2024 le vendite mostravano una debole crescita rispetto all’anno prima (+1,2% annuo a maggio 2024), mentre a metà 2025 si registrava un calo delle transazioni (-6% annuo a maggio 2025). In termini assoluti, il ritmo delle vendite nel 2025 è sceso ai minimi da decenni, paragonabile ai livelli della crisi finanziaria 2008. Molti proprietari infatti rinviano la vendita perché bloccati da mutui a tasso basso contratti negli anni scorsi: chi ha un mutuo al 3%–4% esita a vendere e riacquistare casa pagando oggi interessi quasi doppi. Ciò riduce il ricambio di case sul mercato e tiene bassi i volumi di vendita.
Tassi di interesse e mutui: tra metà 2024 e metà 2025 i tassi sui mutui sono rimasti elevati, ma con lievi oscillazioni. Nel maggio 2025 il tasso fisso medio a 30 anni era circa 6,8%, leggermente inferiore rispetto a un anno prima (circa 7,0% nel maggio 2024). Nonostante le speranze di un ribasso marcato, i costi di finanziamento sono rimasti alti e stabili su livelli tripli rispetto ai minimi del 2020–21 (quando si scendeva sotto il 3%). Verso la fine del 2025 si è iniziato a intravedere un calo moderato (intorno al 6,2% ad ottobre 2025) grazie all’allentamento delle pressioni inflazionistiche e alle prime prospettive di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve. . Tuttavia, anche uno scenario di tassi in discesa intorno al 5,5–6% nel 2026 manterrebbe comunque i mutui strutturalmente più costosi che nel decennio pre-Covid
In sintesi, tra metà 2024 e metà 2025 il mercato immobiliare USA è passato da una fase di lieve ripresa (con prezzi e vendite ancora in aumento nel 2024) a una fase di stallo nel 2025, caratterizzata da prezzi piatti o in leggero calo, maggiore disponibilità di case in vendita e un volume di transazioni ridotto. Questo graduale riequilibrio sta dando agli acquirenti un margine negoziale migliore rispetto agli anni precedenti, pur in presenza di condizioni finanziarie ancora onerose (tassi elevati e prezzi storicamente alti)
Il Mercato Post-Covid vs Pre-Covid
L’era post-Covid ha trasformato profondamente il mercato immobiliare rispetto al periodo pre-pandemico. Alcune differenze strutturali spiccano nel confronto tra il “prima” e il “dopo”:
Prezzi delle case e accessibilità: Dal 2019 ad oggi i prezzi delle abitazioni sono saliti di oltre il 50% a livello nazionale. Durante il boom pandemico i valori sono aumentati a un ritmo record: tra fine 2019 e fine 2021 i prezzi medi sono cresciuti di circa +24%, con picchi di crescita annua vicini al 20% nel 2021– un’accelerazione mai vista nemmeno prima della crisi del 2008abfer.org. Questo “salto” di prezzo ha reso l’accesso alla casa molto più oneroso rispetto al periodo pre-Covid, specialmente perché i redditi non sono aumentati in pari misura. Oggi la casa tipica costa decine (se non centinaia) di migliaia di dollari in più rispetto al 2019, comprimendo la affordability: molte famiglie, specie giovani acquirenti al primo acquisto, faticano a raccogliere l’anticipo e a sostenere le rate più alte. Infatti la quota di case accessibili a un reddito medio è crollata nel post-pandemia, segno di un mercato meno inclusivo
Tassi di interesse e condizioni finanziarie: Prima della pandemia i mutui a 30 anni avevano tassi intorno al 4% o meno. La crisi Covid ha portato i tassi ai minimi storici (2–3% nel 2020-21) alimentando il boom, ma dalla fine del 2021 la situazione si è invertita: con l’inflazione in rialzo, la Fed ha alzato aggressivamente i tassi di interesse nel 2022-2023, e i mutui sono schizzati oltre il 7-8%. Nel post-Covid quindi i compratori affrontano costi di finanziamento ben più elevati rispetto al periodo pre-2020. Ad esempio, la rata mensile di un mutuo medio è quasi raddoppiata rispetto a pochi anni fa, visto il combinato di prezzi molto più alti e tassi raddoppiati. Questi oneri finanziari hanno frenato drasticamente la domanda e ridotto le transazioni a livelli mai visti dal 2008. Molti proprietari con mutui a tasso basso restano fermi (il cosiddetto lock-in effect), riducendo l’offerta di case usate sul mercato.
Offerta di case e inventario: Negli anni precedenti alla pandemia il mercato mostrava già una certa scarsità di offerta, ma nulla in confronto al calo di inventario avvenuto nel 2020-2021. La domanda esplosiva post-Covid, unita a cantieri rallentati da lockdown e difficoltà logistiche, ha prosciugato le inserzioni: nel 2022 l’inventario nazionale di case in vendita era oltre il 50% inferiore ai livelli tipici del 2019. Durante il boom pandemico quasi tutto il paese ha registrato inventory ben al di sotto dei normali livelli pre-pandemia. Nel periodo post-Covid, con la domanda in calo dal 2022 e un graduale aumento delle nuove costruzioni, l’inventario ha iniziato a risalire. Tuttavia, in molte zone l’offerta rimane ancora sotto i livelli pre-2020, soprattutto nei mercati del Nord-Est e Midwest dove la costruzione di nuove case è più limitata. Al contrario, alcune aree che avevano conosciuto boom eccezionali (es. certe città del Sun Belt) hanno visto l’inventario tornare o superare i livelli pre-pandemici, con conseguenti cali dei prezzi locali. In generale, rispetto al pre-Covid il mercato USA si trova con meno case disponibili in proporzione agli acquirenti, il che ha mantenuto elevata la pressione sui prezzi nonostante la flessione della domanda.
Domanda e preferenze abitative: La pandemia ha innescato nuove dinamiche nella domanda. Il diffondersi del lavoro da remoto ha permesso a milioni di americani di ripensare la propria situazione abitativa: molti hanno lasciato le grandi città o le zone costose per spostarsi in periferia o in altri Stati più economici, sfruttando quella che è stata definita un’arbitraggio da lavoro a distanza (con salari da grandi metropoli spesi per comprare case in città più abbordabili) Questo fenomeno migratorio ha alimentato forti rialzi dei prezzi in mercati emergenti (es. città del Sud e Ovest) durante il 2020-21. Ora, nell’era post-Covid, parte di quella domanda “eccezionale” si è ridimensionata con il ritorno parziale in ufficio e la fine dei lockdown. Tuttavia, il remote work rimane più diffuso di prima (ancora ~40% dei lavoratori a fine 2021 lavorava almeno in parte da casa) e continua a influenzare il mercato: gli studi stimano che il lavoro a distanza abbia contribuito per almeno la metà dell’aumento dei prezzi registrato durante la pandemia. Rispetto al periodo pre-Covid, le preferenze ora pendono verso case più spaziose, spesso fuori dai centri urbani densi, e ciò ha alterato in modo duraturo la distribuzione geografica della domanda abitativa (anche se preferiamo non entrare nei dettagli regionali, va detto che le variazioni di prezzo e volume post-pandemia sono state molto diverse da zona a zona in base a questi flussi migratori).
Volume di transazioni: Come accennato, le compravendite immobiliari odierne restano inferiori di circa il 20-25% rispetto ai livelli normali pre-pandemia. Negli anni 2018–19 si vendevano in media ~5,3 milioni di case esistenti all’anno; oggi il ritmo annualizzato è spesso sotto 4 milioni. La pandemia inizialmente bloccò il mercato per alcuni mesi nel 2020, poi esplose in un vortice di vendite nel 2021, ma dal 2022 l’impennata dei tassi ha fatto precipitare le transazioni. Il mercato immobiliare post-Covid è quindi meno liquido: meno persone vendono e comprano casa ogni anno rispetto a prima, sia per gli ostacoli economici (prezzi/tassi) sia per una certa “rigidità” introdotta dal fatto che molti proprietari restano fermi nella propria abitazione a costo basso. Questo volume ridotto persiste nonostante la popolazione e il numero di nuclei familiari continuino a crescere, segno di un rallentamento significativo dell’attività immobiliare rispetto al passato.
In conclusione, l’era post-Covid ha lasciato un mercato più costoso e meno dinamico rispetto al periodo pre-2020. I prezzi delle case sono molto più alti e, uniti ai tassi elevati, rendono l’acquisto proibitivo per molti. L’offerta di abitazioni rimane insufficiente in molti mercati, anche se sta crescendo gradualmente. La domanda si è normalizzata dai livelli eccezionali del 2020-21, ma fattori nuovi come il lavoro da remoto continuano a influenzare dove e come le persone comprano casa. Complessivamente, il settore immobiliare USA si sta riequilibrando lentamente da quella “sbornia” pandemica, invece di subire correzioni brusche, e potrebbe impiegare anni per riavvicinarsi ai livelli di attività e accessibilità precedenti
Impatto delle Politiche Fiscali sul Mercato Immobiliare
Le politiche fiscali e governative hanno giocato un ruolo significativo sia durante la pandemia che nell’attuale fase di mercato. In generale, l’intervento pubblico influisce sul settore immobiliare tramite diversi canali: spesa pubblica e stimoli economici, incentivi fiscali per la casa, programmi di housing pubblico e normative. Esaminiamo alcuni punti chiave:
Stimoli fiscali durante la pandemia: Di fronte alla crisi Covid, il governo federale ha adottato misure eccezionali di stimolo economico (come gli Economic Impact Payments – i “cheque” alle famiglie – e i crediti d’imposta espansi per i figli a carico). Complessivamente oltre 900 miliardi di dollari sono stati trasferiti alle famiglie attraverso questi programmi emergenziali. Questi fondi hanno sostenuto i redditi familiari nel 2020-21 nonostante la recessione, contribuendo a far salire i risparmi e, secondo gli studi, hanno alimentato direttamente la domanda di case. In particolare, ricerche recenti indicano un legame causale tra i pagamenti di stimolo e l’aumento delle compravendite e dei prezzi: le famiglie a basso e medio reddito che hanno ricevuto aiuti significativi hanno mostrato incrementi più marcati nei tassi di proprietà della casa. A livello geografico, le zone dove l’importo medio dei trasferimenti era più alto hanno registrato rialzi di prezzo maggiori dal 2019 al 2021, persino al netto di altri fattori. In sintesi, la politica fiscale espansiva durante il Covid ha evitato il tracollo del mercato immobiliare (anche grazie a moratorie sugli sfratti e tolleranze sui mutui), ma ha anche contribuito involontariamente a surriscaldare i prezzi in un momento di tassi bassi e offerta limitata.
Incentivi fiscali strutturali (detrazioni e crediti): Il governo USA da tempo incoraggia la proprietà immobiliare tramite il sistema fiscale. La principale agevolazione è la detrazione degli interessi passivi del mutuo sulla dichiarazione dei redditi, insieme alla detrazione delle tasse patrimoniali locali (property tax). Questi benefici fiscali rendono l’acquisto di una casa più conveniente rispetto all’affitto per milioni di contribuenti, anche se i vantaggi maggiori si concentrano sui proprietari con redditi più elevati (che hanno mutui più grandi e aliquote fiscali più alte) . Ad esempio, poter dedurre gli interessi e le imposte immobiliari riduce sostanzialmente il costo effettivo della casa per le famiglie benestanti, mentre incide poco per chi ha redditi bassi (che spesso non riescono a trarre pieno beneficio da tali detrazioni). Oltre a ciò, esistono altre misure: l’esclusione fiscale delle plusvalenze sulla vendita della prima casa (fino a $250k di guadagno esentati per individuo) incentiva l’investimento in immobili residenziali. Nel complesso, queste politiche fiscali di lungo corso sostengono la domanda di case e i valori immobiliari, ma tendono anche ad ampliare le disuguaglianze (favorendo proprietari rispetto ad inquilini e i più abbienti rispetto ai meno abbienti)
Programmi abitativi e spesa pubblica: Un’altra dimensione è la spesa pubblica diretta in ambito abitativo. Negli Stati Uniti esistono programmi come i voucher Section 8 per aiutare i meno abbienti a pagare l’affitto, il programma di edilizia popolare (public housing), e incentivi fiscali come il Low-Income Housing Tax Credit (LIHTC) per stimolare la costruzione di alloggi a prezzi accessibili. Durante e dopo la pandemia, tuttavia, i fondi per molti di questi programmi si sono rivelati insufficienti di fronte all’aumento dei bisogni: le liste d’attesa per i voucher sono lunghe e la produzione di case a basso costo tramite LIHTC non riesce a tenere il passo con la domanda Consapevole di ciò, il governo federale ha recentemente rafforzato gli sforzi per l’housing accessibile. Nel 2025, ad esempio, è stato varato un importante pacchetto legislativo (“One Big Beautiful Bill”) che potenzia il credito d’imposta per le abitazioni a basso reddito: l’ammontare annuo di investimenti tramite LIHTC consentito a Fannie Mae e Freddie Mac (le agenzie para-statali dei mutui) è stato raddoppiato da $1 miliardo a $2 miliardi ciascuna, portando a $4 miliardi l’anno il supporto potenziale alla costruzione di case economiche. Questo intervento, insieme all’ampliamento dei crediti stessi, mira ad aumentare l’offerta di alloggi popolari, in particolare in comunità rurali e zone sottoservitefhfa.govfhfa.gov. Inoltre, la proposta di budget federale per il FY2025 include fondi aggiuntivi per voucher e un nuovo fondo da $10 miliardi per aiutare i primi acquirenti con il down paymenta dimostrazione dell’attenzione politica verso la problematica dell’accesso alla casa. Tuttavia, molti di questi provvedimenti sono in fase iniziale o necessitano di approvazione, e il loro impatto concreto sul mercato richiederà tempo.
Influenza della politica fiscale sui tassi di interesse: Vale la pena menzionare che anche l’orientamento generale della politica fiscale (deficit pubblici, spesa federale, ecc.) può influenzare indirettamente il mercato immobiliare attraverso i tassi di interesse. Negli ultimi anni, l’elevato disavanzo federale e le maxi-emissioni di titoli di Stato hanno contribuito a far salire i rendimenti obbligazionari. Nel 2023, ad esempio, il timore di un debito pubblico in forte crescita ha in parte spinto il rendimento del Treasury decennale ai massimi dal 2007, trascinando l’aumento dei tassi sui mutui verso l’8%. In questo senso, una politica fiscale espansiva finanziata in deficit può mantenere alti i costi di finanziamento per le famiglie, smorzando la ripresa immobiliare. Al contrario, un riequilibrio dei conti pubblici e un calo della spesa potrebbero alleviare la pressione sui tassi a lungo termine, facilitando mutui più accessibili. Questo legame macroeconomico fa sì che le scelte fiscali del governo (pur non essendo misure “immobiliari” in senso stretto) abbiano ripercussioni sul settore abitativo.
In sintesi, l’intervento pubblico incide sul mercato immobiliare USA sia in modo congiunturale – come visto con i massicci stimoli fiscali durante il Covid, che hanno sorretto i redditi e indirettamente alimentato la domanda di – sia in modo strutturale, attraverso incentivi e programmi che da decenni condizionano l’equilibrio tra domanda e offerta di abitazioni. Le politiche fiscali recenti stanno cercando di affrontare alcune sfide emerse (scarsa offerta di case a prezzi accessibili, bisogno di agevolare i nuovi acquirenti), ma il loro effetto sarà graduale. Nel frattempo, il mercato immobiliare continua a risentire principalmente di fattori economici più immediati, primo fra tutti il livello dei tassi di interesse, che dipende anche dalla politica monetaria anti-inflazionistica post-Covid. Un allentamento sia delle condizioni monetarie sia di eventuali pressioni fiscali (ad esempio una riduzione del deficit) potrebbe, secondo gli analisti, favorire un lento recupero delle compravendite nei prossimi , ma senza riportare facilmente i livelli di accessibilità e di attività al quadro prepande.
Fonti: Le affermazioni e i dati citati provengono da analisi di mercato e report recenti, tra cui Newsweeknewsweek.comnewsweek.com, approfondimenti economici di TD Bankeconomics.td.com, studi NBERnber.org, commenti di esperti (NAR, Redfin) e comunicati istituzionali (FHFA)fhfa.gov, nonché da statistiche pubblicate da Redfin e Realtor.com nel 2024-2025. Queste fonti autorevoli confermano il quadro delineato e aiutano a contestualizzare l’evoluzione del mercato immobiliare statunitense nell’era post-Covid.
